The imp of perverse

In un successivo racconto di Poe, The Imp of the Perverse, 1845 (tradotto in italiano come Il demone della perversità), la fascinazione del perturbante declinerà in deliquio, nell’«esaltazione diabolicamente impaziente» del protagonista, travolto dalle pulsioni contrastanti dell’Es. Ancora ricca di insight psicologico, forse suggerito dalle allucinazioni che tormentavano l’autore, la narrazione (che in gran parte sfocia nel saggio) è incentrata nuovamente sul dualismo seduttivo del sublime dinamico (kantiano), sviluppato sul piano letterario come inscindibile dicotomia <delizia/tortura>. Il narratore implicito discute la propria appartenenza alla schiera delle vittime del demone della perversità, che si manifesta quale occulto bisogno-piacere di autoannientamento, oltre che come propensione sadica a infliggere il male. Ucciso un uomo con una candela che emette vapori venefici, vive per molti anni un’esistenza protetta dal silenzio circa la propria colpa, ma il ricordo del delitto impunito, che lo ha reso iniquo usurpatore di molti beni, di tanto in tanto lo tortura, ed egli placa l’angoscia

del dubbio ripetendo a se stesso, «I’m safe» (Sono salvo). Quando incomincia a pensare che sarà salvo solo se resisterà al sentimento di colpa e alla tentazione di confessare il delitto, un meccanismo patologico perverso e oppositivo, di carattere ossessivo-compulsivo, finirà per travolgerlo. Corre all’impazzata, folle di paura, tra la gente che inizia a guardarlo con sospetto, sinché, sentendosi vinto da un demone invisibile, rivela il suo colpevole segreto, appagato finalmente attraverso il piacere perverso dell’autolesionismo. Finirà davanti alla giustizia, condannato all’impiccagione.

Angoscia e sentimento della colpa

Poe mette in scena, con incredibile preveggenza, l’inclinazione psicopatologica verso il piacere egoico esasperato e l’auto-distruttività, quale proiezione arcaica dell’Es. Angoscia e sentimento della colpa costituiscono dunque il culmine dell’ambivalenza del profondo, già per Poe; il quale sembra prefigurare pulsioni che Freud enucleerà come attrazione sado-masochistica esercitata dalle metamorfosi dell’Eros, principio vitale della libido, in Thanatos o pulsione di morte. Nel racconto appartenente al ciclo della perversità, emerge il ritorno alla verticalità dello sprofondamento, al turbine di emozioni ambigue rispondenti alla simbologia stessa del gorgo marino, che prima cattura, poi restituisce morti e relitti. Nel vorticante tumulto psicopatologico del contrasto si esprime l’irresistibile, quanto più irragionevole emozione, di abbandono alla caduta libera. Nell’ebbrezza del deliquio è la sua stessa liberazione: “Non c’è in natura una passione più diabolicamente impaziente di quella di colui che, tremando sull’orlo di un precipizio, mediti di gettarvisi. Che egli, anche solo per un momento, si permetta di pensare e sarà inevitabilmente perduto; poiché proprio nella riflessione che lo spinge a ritirarsi troverà l’impossibilità di farlo”. Attraverso la nozione di perversità, Poe non rinuncia a sottolineare la componente etico-religiosa che, al di là della devianza patologica e del crimine, emerge dal gorgo delle passioni come intimo bisogno di espiare; di rispondere delle proprie azioni dinanzi alla giurisdizione degli uomini e della legge divina. L’interesse di Poe per l’immanente, per la contemplazione di un’energia che muove il mondo e abita l’uomo con le sue corrispondenze, troverà un risvolto positivo di speranza nella visione panteistica di Eureka (1848), sua ultima opera. Riannodando epistemologia e mito, egli si misura con una lettura dell’anima mundi neoplatonica in chiave teosofica, derivatagli probabilmente dalla lettura del mistico svedese Swedenborg. Trattato di cosmologia prefigurante scoperte scientifiche novecentesche, come la teoria del Big Bang, Eureka costituisce l’approdo ad una mappatura metafisico-scientifica del macrocosmo, secondo un pattern di “pensiero materiale” ciclico, oscillatorio, pulsante di energia e irradiante lo spirito dell’armonia universale.

Angelica Palumbo