Tranquillo Cremona

Il potere evocativo, non un giudizio critico tecnico, deve premiare un’opera d’arte: così Giuseppe Rovani in Le tre arti considerate in alcuni illustri italiani (1874, pubblicazione postuma) offre una chiave critica per la produzione artistica, che già era emersa un decennio prima in Europa. Musica, letteratura e pittura, quindi, si fondono, si confondono e si esplicano senza soluzione di continuità. Con questo spirito e con questo sguardo ci si deve avvicinare alla pittura Scapigliata.
Il padre fondatore è Tranquillo Cremona (1837-1874): frequenta l’Accademia di Belle Arti a Venezia e Brera a Milano; nella breve parentesi di Pavia apprezza il Piccio, che per tutta la vita lavora sul problema del vero, e Faruffini che propone una lettura moderna per storie antiche, avvalendosi della camera lucida e dei disegni, offrendo anche uno studio del colore nuovo, tanto da meritarsi il titolo di precursore della Scapigliatura. Gli sono maestri Bertini, Hayez, Carcano di etica scapigliata ante litteram per la scelta di ricercare la verità nelle case popolari, abbandonando il registro nobile, e affidandosi alle caricature per colpire la società traditrice. L’ispirazione ha la sua matrice nella letteratura e nella musica, come gli offre l’idea dell’amico Rovani: si inventa così un’iconografia dell’amore e sulla suggestione di Mefistofele di Arrigo Boito dipinge Faust ed Elena (1865-69), esempio su tutti della pittura Scapigliata.

Faust ed Elena e Il rapimento di Rebecca

I contorni sono sfuggenti, labili di interpretazioni, come le note musicali; i colori si condensano in macchie e la veste bianca di Elena si stacca da Faust e dallo sfondo scuro e indefinito: del resto anche la letteratura non si profonde nella descrizione dei paesaggi! La storia della coppia si colora non solo per la fama legata ai propri nomi, che d’altra parte non può emergere completamente dalla tela, ma per quel bianco di Elena che contamina con la sua luce squillante alcuni tratti di Faust. Il muro, unico elemento definito, che gode dello stesso raggio di luce di Elena, sorregge la donna, mentre Mefistofele sembra sbucare direttamente dalla boscaglia con un guizzo, suggerito dalla gamba destra ancora levata. Nessuna descrizione-definizione per la vegetazione che è precisata solamente dalle piante in un naturalismo puntuale che si fa giaciglio agli amanti. Questo dipinto, per un’associazione istintiva, sembra ricordare in modo speculare la composizione di Delacroix Rapimento di Rebecca (1846) in cui anche l’indefinitezza dei contorni lascia margine allo spettatore-lettore-uditore per immaginare l’incompiuto: un effetto-eco che si riverbera dalla tela a noi.

Daniele Ronzoni

Se Tranquillo Cremona è più maturo per la composizione e il disegno ed è un po’ meno immaginativo nel colore, Daniele Ranzoni, suo compagno di studi ed amico di vita, è più fluido nel rendere il soggetto maneggiando più leggermente luce e colore, mentre il disegno si rivela più pesante. In Ritratto di giovinetta (1867-68) il gioco di luci è decisamente più articolato che in Cremona, sicuramente anche per l’influenza che gli valse lo studio fotografico.

Le due anime della Scapigliatura pittorica

Senza dubbio i due artisti furono le due anime della Scapigliatura pittorica: se per certi aspetti si contrappongono, per altri si compensano, tanto poi da creare insieme un linguaggio nuovo. Il tratto d’unione indiscutibile: Rovani, l’ideologo carismatico, come lo definisce Ranzoni, di cui egli stesso dipinge un ritratto.
Ranzoni sviluppa ancora di più la sua vena a Villa Greppi a Monticello, incidendo in profondità emotiva i suoi soggetti; nella sua ultima fase accentua, invece, il “non finito”, l’essenzialità ed uno stato d’angoscia che non è nient’altro che la sua biografia dipinta. Con la sua morte ad Intra, suo paese natale, nel 1889 si chiude la fase pittorica rivoluzionaria della Scapigliatura che già nel 1878 ha perso Tranquillo Cremona.

Giuseppe Grandi

Ma le figure di Ranzoni e Cremona continuano a vivere e sembra che si stacchino dalle tele e prendano vita nelle statue di Giuseppe Grandi che fa del pittoricismo la chiave di volta per rivoluzionare la scultura. L’esito di aver ribaltato l’idea plastica

di arte è l’Edera (1878-79): trasposizione scultorea dell’omonima opera di Cremona. Propone contorni sfilacciati, se non addirittura disgregati, massa quasi informe che è suggestionata da fattori esterni.

Così anche nel Paggio di Lara (1873) non sussiste racconto, ma la figura in sé che si fa largo nello spazio circostante. La scultura che lo impegna per anni, che verrà inaugurata postuma, è il Monumento alle cinque giornate di Milano (1881-95), esito felice di un numero quasi infinito di studi e bozzetti: le figure vivono flessuose il momento storico e si accomodano nello spazio incidendolo con la loro corporeità.

Medardo Rosso

Un’opera monumentale che segna il passo per la formazione degli scultori successivi: tra questi Medardo Rosso che, pur rinnegando la formazione decisamente scapigliata, per ben venti anni lavora sull’iconografia degli Scapigliati, approdando però ad un verismo duro ed arcigno, sconosciuto ai predecessori (La Ruffiana, 1883).

Bazzaro predilige il tono intimistico e mutua da Cremona il soggetto delicato della bambina che legge, da Grandi coglie l’effetto della luce e definisce l’opera con tratti larghi e liberi consonanti all’ambiente; Troubetzkoy onora il maestro Ranzoni con un ritratto scultoreo dal sapore pittorico, così come la prostituta che attende i clienti diventa Figura di donna in piedi (1890-95) con disarmante semplicità.

Fine della “Scuola artistica Scapigliata”

Ma a poco a poco scema l’influenza dei grandi maestri e la Scapigliatura artistica, fedele alla varietà letteraria, si caratterizza nei singoli con tratti specifici per cui è impossibile parlare di Scuola, ma di sicuro è legittimo il termine “sodalizio artistico” che al motto “uniamoci e intendiamoci” raccoglie a Milano un gruppo di amici, già attivo dal 1873, in un cenacolo d’arte vivo e sempre più di ampio respiro: Bignami, Borgomainerio, Barzaghi, Didioni, Fontana. La radice, però, ne esce traviata per modificarsi e trasfigurarsi fino alla nascita del Futurismo ad inizio Novecento.

Ilaria Anna Lucini