EMILIO PRAGA: anima poetica e dissoluta della scapigliatura

Tanti sono i nomi dei poeti scapigliati; uno valga su tutti quale portavoce dell’anima poetica della Scapigliatura: Emilio Praga (1839-1875). Non fu solo scrittore, ma anche pittore e questo si percepisce nei suoi versi che si trasformano spesso in quadri, come pure i suoi dipinti si inverano nelle parole delle sue liriche.
O giovinetto,
perché dolente hai l’anima
e pallido l’aspetto?” (Per cominciare in Tavolozza, vv. 2-4)
Una pennellata che riassume anche la sua vita, perché in quel pallore c’è il vizio, lo stravizio, la dissolutezza, la droga, la luce e l’ombra di un’esistenza portata ai limiti estremi del concepibile, per vezzo e per credo: tenta di mettere le ali, ma deve combattere con la trivialità dell’esistenza comune:
e copresi
di sogghigni immortali
chi, col fango battendosi,
tenta di metter l’ali” (id. vv. 45-48)

La missione sociale della poesia di Emilio Praga.

Ecco, quindi, che i versi escono deboli dal nido, fragili, ma non rinunciano alla loro missione che per Praga è anche sociale, come in Il corso all’alba.
La poesia, poi, si fa biografia di molti poeti scapigliati in Suicidio, rifiuto violento della vita, che porta a fine il tormento di esistenze vissute sempre tra profondi estremi. L’amore è contrapposto alla morte: Praga, uomo sapiente che non ha visto la morte come antitesi alla vita, ma l’amore che tutto muove! E il letto, alcova di piacere e di vita, si fa bara (Vendetta postuma in Penombre).
Pur dibattendosi tra opposti, Praga arriva a rifiutare anche questi: è lo sbandamento totale che travalica ogni possibilità di approdo sicuro
Nacque?…morì?…vergarono
una scritta latina,
chiusero una vetrina…
il resto Iddio lo sa!
(…)
-Vieni, o lettor dei codici,
su, la sentenza grida;
inchioda a’ tuoi paragrafi
la mano infanticida!”
(A un feto in Penombre; vv. 45-48 e 65-68)
Non c’è fede in Dio che, buono presunto, lascia davanti agli occhi, alla mente e al cuore degli uomini feti nati morti. Non c’è fede nella scienza che sta muta di fronte allo scempio di piccoli corpi inanimati.

I diversi toni della poesia di Emilio Praga

Ora malinconica ora boccaccesca e sensuale, la poesia di Praga si colora delle tinte più variegate e passa da toni intimistici come in Il professore di greco (in Tavolozza) a toni scanzonati e piccanti:
La mia ganza, una bimba assai devota
e, credo, a molti parroci ben nota,
venne a narrarmi, tutta addolorata,
l’ira del prete che l’ha confessata
(Assoluzione in Tavolozza, vv. 1-4)
In morte del villaggio (in Tavolozza) c’è, invece, la parodia pungente e particolarmente dissacrante di Leopardi A Silvia
Amore di madre non avea la mesta,
né amor d’amiche la povera tosa;
ella era brutta, e in cenci avea la vesta…
Qual giovin mai l’avria menata sposa?

Vedea le forosette in sul sagrato
occhieggiare or con questo ed ora con quello…
povero cuor deserto e sconsolato!
Oggi un vecchio l’ha chiusa nell’avello!”
(La morta del villaggio in Tavolozza)

Il grande interrogativo poetico.

Ma di questo poeta recupera un interrogativo che segna il passo della vita di ogni uomo, ancor di più degli Scapigliati: “Perché nascesti?” (In morte di un bimbo in Penombre, v. 17).
Ci si ribella e si accoglie, stessa sorte tocca a Baudelaire: parodiato e innalzato sopra ogni altro poeta a modello di vita e dell’intera produzione letteraria della Scapigliatura.
O nemico lettor, canto la Noia,
l’eredità del dubbio e dell’ignoto
(…)
…canto una misera canzone,
ma canto il vero!
(Preludio in Penombre, vv. 17-18 e 31-32)
Sta qui, in Preludio, il Manifesto poetico degli Scapigliati, figli di padri ammalati, aquile per cui è tempo di mutar le piume, svolazzanti sull’agonia di un nume.
Una poesia dal lessico a tratti aulico a tratti torbido e basso, spesso trascurata a beneficio di altra più nota, oggi, attraverso le parole dello stesso Praga ci lascia un messaggio:
è questa l’ora
(Il corso dell’alba in Tavolozza, v. 179)
Ritessimi
(A mia madre in Trasparenze, v. 57)

Ilaria Anna Lucini

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