Il novello prometeo
Il turbamento e i sentimenti di vendetta adombrati nel romanticismo di Emily riecheggiano il Sublime romantico, già aleggiante nelle atmosfere del romanzo gotico (ma anche riconosciuto universalmente come metafisico-prometeico) Frankenstein (1817), dove la giovanissima Mary Shelley elabora il carattere del perturbante, suggerito dagli interrogativi etici che si pone. Mary è la figlia del teorico illuminista della benevolenza universale, anarchico e utopista, e della letterata Mary Wollstonecraft, che con l’opera Vindication of the Rights of Women (1792), inaugura la stagione del movimento favorevole all’emancipazione della donna. Mary, compagna del poeta Percy Bysshey Shelley, durante il Gran Tour della Francia, Italia e Germania si addestra alla osservazione analitica e psicologica di ambienti pittoreschi, come quelli alpini, dotati di tratti inquietanti, per trasformarli in paesaggi dell’anima, quali cardini della sensibilità romantica. Il vivido impressionismo descrittivo cui si dedica trova corrispondenze nell’arte visuale di Turner, nei suoi turbini di luce e di neve, vertice pittorico di un Sublime
astrattamente e impressionisticamente elaborato.
Così la scrittrice riferisce dell’emozione provata al cospetto della wilderness alpina: “Le cime nevose delle Alpi appaiono come masse di nuvole di un bianco accecante…Questa immensità sconvolge, e supera di tanto l’immaginazione che ci vuole uno sforzo perché la mente creda che sono davvero delle montagne.” Sono testimonianze di una geografia eroica, in cui la natura si rivela in tutta la sua terrificante maestosità, preludio ad una solitudine cosmica che ispira la trasformazione del dolore in voluttà. Sul piano letterario è ragguardevole l’elaborazione di metafore del Sublime che si alimentano dello smarrimento e del senso dell’umano limite. Superando la soglia dello sgomento, la giovanissima scrittrice giunge non solo a individuare il ‘perturbante’ nel titanismo della natura, ma anche a riproporlo nel titanismo scientista di Viktor Frankenstein.
Il perturbante, la scienza e la procreazione
La sensibilità di Mary, imperniata su un cardine della femminilità, la possibilità di generare naturalmente la vita, recepisce tanto più segnatamente il dilemma bioetico dalla creazione/contraffazione. Prefigura una dialettica che approderà, duecento anni dopo, alla manipolazione genetica. La giovane scrittrice, assistendo agli esperimenti che gli intellettuali del circolo occultista di Shelley segretamente compivano con l’elettricità, era consapevole del prometeico spirito di ricerca dell’impossibile che si incarnava nell’io del poeta-sperimentatore, suo compagno di vita. L’anomala e macabra impresa di Viktor si attua attraverso la raccolta di membra di cadaveri disseppelliti dai cimiteri e dagli obitori; quindi ricomposte in un ibrido che egli anima con le scintille scaturite da induttori di energia elettrica generata da una folgore. Una strana oscillazione di rapporti fra creatore e creatura induce una sorta di effetto a catena, a partire dall’atto blasfemo di scienza negromantica. Il superomismo dell’uomo di scienza, Viktor Frankenstein, si riverbera sulla sua creatura, con una metamorfosi orrenda. Non riuscendo a trovare traccia di quella umana ‘benevolenza universale’ predicata dall’illuminato Godwin, Frankenstein si carica di una distruttiva forza omicida. L’ atto di empietà ha generato un Doppelgänger dello scienziato sacrilego, originato dal suo stesso orgoglio luciferino. E’ un doppio che si vendicherà del suo padre- creatore, di cui porta il nome, uccidendo uno ad uno tutti i suoi cari.
Paesaggi dell’anima
I paesaggi glaciali che accompagnano gli inseguimenti dello scienziato nel vano tentativo di distruggere il mostro da lui stesso creato, sono segnali emblematici dell’aridità di un cuore glaciale, imprigionato nell’inscalfibile sagoma dell’iceberg artico. Analogamente i seracchi della Mer de Glace di Chamonix, veri e propri sacrari inviolati di una natura maestosamente ostile, sono eloquenti corrispettivi della lacerante forza dell’isolamento e dell’emarginazione umana che sovrasta e imprigiona nel gelo del Thanatos il novello Golem. Nel finale della storia sceglierà di immolarsi su una pira, raggiungendo, tramite il fuoco, la sede dell’energia naturale originaria.
Rivendicazione di diritti
Anche per Mary Shelley la critica di genere può suggerire, leggendolo nella sfida del mostro creato da Viktor, il potenziale di una rivolta palingenetica del femminile. Per l’eroinica woman writer, comporta la rivendicazione di diritti (suggeriti dal titolo del libro della madre, morta nel darla alla luce) e di emozioni negate. La donna scrittrice è, secondo questa mia interpretazione, identificabile nel mostruoso ibrido creato dal marito: la stessa donna coartatamente intricatamente coinvolta in molteplici ruoli di madre-amante-letterata,assistente, che la cultura utopista e manipolativa del circolo Godwin-Shelley ha prodotto. La natura femminile, se subdolamente adulterata, è destinata a generare immense frustrazioni e ferite narcisistiche inguaribili.
Angelica Palumbo