Jane Austen e la difesa della dignità femminile.
La dignità femminile trova una difesa convinta nella narrativa classicheggiante e sofisticata di Jane Austen, che educa le giovani donne-lettrici, attraverso le protagoniste dei suoi intrecci neoclassici, alla realtà del quotidiano, all’età della Ragione. Prendendo atto della mancata autonomia della donna priva di ricchezze e di casato di rango elevato, insegna comportamenti adeguati a muoversi adeguatamente nella famiglia e in società, in raffinati scenari di interni, con il prevalente obiettivo di tessere, con intelligente lucidità, una rete di relazioni da sempre sottesa al buon matrimonio; ma, solo con la persona in grado di apprezzare l’intelligenza e l’arguzia della compagna, doti attraverso cui la scrittrice conferisce un certo potere all’eterno femminino. Austen fa appello alla ragione e al superamento della morbosità emotiva indotta da suggestioni esterne. Con Sense and Sensibility, pubblicato nel 1810, emerge fra le women writers di inizio secolo come autrice di idilli del salotto in interni Regency, dove le evoluzioni cadenzate dei passi di danza mimano pacate schermaglie amorose.
Scenario domestico e minaccia della wilderness.
Lo scenario di interni domestici suggerisce il timbro di un’ intimità tranquillizzante; minacciata però dallo sconfinamento in territori arcani, intricati come le trame del sentimental gothic, ombrosi e accidentati, primitivi e incolti. Il suggerimento che possiamo coglierne è che il Pittoresco, con le sue zone d’ombra, può stimolare una sensibilità morbosa e indurre a pensieri pericolosamente estraenei all’evidenza luminosa della ragione. La sola evasione, consentita dalla geometria psicologica di interni, è il parco-giardino che delimita la proprietà. In Pride and Prejudice la descrizione del parco di Pemberley, dimora avita dell’aristocratico Darcy, appare a Elizabeth come un’agnizione dell’interiorità di colui che finora ha considerato un superbo antagonista. La casa è tutt’uno con il parco, espressione compiuta di una bellezza non effimera, che suggerisce il timbro della sobrietà e del tempo come “durata”. Il paesaggio, da lei interiorizzato, riverbera tratti della personalità di chi vi abita: lineare e aperto, privo di tortuosità, in una parola, degno di fiducia: Etica ed Estetica coincidono nell’ideale della vita come capolavoro. Un parco che occulta sapientemente gli eventuali artifici architettonici dell’ideatore, così come gli sconfinamenti manieristici legati a mode passeggere, rappresenta il ridimensionamento del Pittoresco, con le sue cadute nella banalità.
Era una grande e bella dimora in pietra. Si ergeva su un terreno in salita, sullo sfondo di una fila di colline elevate e boscose, fronteggiate da un corso d’acqua di notevole portata, che si allargava sempre di più, ma senza nessun visibile artificio. Le sponde non erano né regolari né gravate da inutili ornamenti. Elizabeth era entusiasta. Non aveva mai visto un luogo ….dove le bellezze naturali fossero state così poco intaccate dal cattivo gusto.
In Sense and Sensibility, puntualmente, il contatto con le intemperie, e con una perturbante esperienza della wilderness, espone la più vulnerabile delle due sorelle, Marianne, ad un serio malessere dovuto all’infreddatura e all’azzardo emotivo/sentimentale: la romantica, imprudente uscita a due nell’impervia zona rurale oltre i confini della casa la fa ammalare seriamente; e coincide anche con l’innamoramento incauto per un irresistibile ma fatuo e inaffidabile giovane che la corteggia per vanità. Per Austen, giovanissima autrice della storia (la cui prima stesura, scritta in forma epistolare, risale alla fine del Settecento), dominata dalla ricerca quasi ossessiva del controllo e della misura nel manifestare emozioni, l’abbandono allo scatenamento degli elementi della natura determina una specie di contrappunto, ma anche una singolare catarsi, con il passaggio dalle intemperie alla temperie dei sentimenti. Ecco un breve sintesi del rischio corso dalla spericolata Marianne, irragionevolmente irretita dal Pittoresco: “Due deliziose passeggiate al tramonto, ….non solamente sulla ghiaia asciutta del viale, ma attraverso i campi, e soprattutto negli angoli più raccolti, dove c’era qualcosa di più selvaggio (quintessenza della wilderness), dove gli alberi erano più vecchi e l’erba più alta e piena di rugiada, avevano procurato a Marianne….un raffreddore così forte che, trascurato o negato per un paio di giorni, finì con l’esplodere, imponendosi all’attenzione di tutti e soprattutto di lei stessa.” Il vaneggiamento della mente di Marianne, in preda allo stato febbrile, corre parallelo allo stato semidelirante della reverie sentimentale. Marianne a poco a poco si rimetterà dalla malattia e quasi contemporaneamente rinsavirà, con l’ abbandono delle Ragioni del Sentimento ritroverà la ragionevolezza. Austen utilizza il termine (sensibility) per indicare uno stato passionale morboso che è necessario superare. La rigenerazione della vitalità si compie nella piena presa di coscienza dell’errore compiuto, che affiora attraverso la ritrovata ragione (sense).
Emily Bronte e l’assoluto totalizzante della passione.
Se le istanze della normativa morale e razionale di Austen concordano con le simmetrie di una natura rassicurante, con le forme del sereno orizzonte apollineo appartenente alla tradizione classica che coniuga bellezza, armonia e proporzione, per Emily Brontë varrà il richiamo opposto; proveniente dagli echi della più tempestosa religione animista, dall’amore per una natura selvaggia e tempestosa. Il motivo della wilderness, con la brughiera tempestosa eletta a metafora della seduttività fatale, fa del romanzo Wuthering Heights (1847) nel suo memorabile proclamare l’assoluto totalizzante della passione il Manifesto del Romanticismo. La tempesta emotiva è indissolubilmente legata all’assalto degli elementi, alla collina ricoperta d’erica da dove spira il sibilo del vento furioso. Il contesto estetico è mutato, incline alla numinosità del Sublime, all’atmosfera di passioni intricate e minacce ancestrali, inaccessibili alla ragione. Sono suscitati da una natura tenebrosa e terribile, esattamente quella individuata da Burke. L’animismo vitalistico che emana da Cime Tempestose rappresenta uno sconfinamento catartico del Pittoresco nel Sublime, suggerito dal dionisiaco Spirito della Terra, che si incarna nello zingaro Heathcliff, figlio della brughiera. Nella passione che travolge rovinosamente Catherine per la creatura misteriosa, dal potere ammaliante, il sovvertimento dei sensi e la deriva morale sono il frutto di una cieca polarizzazione. Il legame endogamico, Catherine e Heathcliff sono l’uno il riverbero dell’altro, risulta come violazione di un codice etico che tuttavia, proprio attraverso le sue aporie, configura il perfetto compimento estetico del binomio spirito selvaggio-wilderness. Il culmine del Sublime è raggiunto nell’analisi del tormentoso delirio che attanaglia i protagonisti. Il finale del romanzo è corroborato dalla catarsi di una possibile rigenerazione spirituale, che segnerà la pace e la fine di ogni tormento.
Angelica Palumbo